Il futuro dell'Italia e del Partito Democratico

Oggi vogliamo proporvi due interviste uscite nei giorni scorsi entrambe sul quotidiano La Repubblica.

La prima al Segretario del Partito Democratico Matteo Renzi.
La seconda a Pierluigi Bersani.


Buona lettura




Segretario Renzi, la sua prima intervista dopo il referendum si può incominciare solo così: che sventola! Quanto le brucia?
"E deve domandramelo, non se lo immagina? Brucia, eccome se brucia. Tanto che il vero dubbio è stato se continuare o lasciare. Ma poi uno ritrova la voglia e riparte".

Davvero ha pensato di uscire dalla politica?
"Sì, nei primi giorni. Mi tentava: e devo dirle, un po' per curiosità, un po' per arroganza".

Poi?
"Poi ho pensato che solo il vigliacco scappa nei momenti di difficoltà. Ho ripensato alle migliaia di lettere ricevute, al desiderio di futuro espresso da milioni di persone. La nostra battaglia è appena incominciata".

Una rivincita o una vendetta?
"Nessuna delle due: sono parole che pensano al passato. Noi guardiamo avanti, non indietro".

Non è anche questo un modo per scappare dalla sconfitta?
"Se uno nasconde la testa sotto la sabbia e fa finita di niente, sì. Ma vorrei ricordarle che io mi sono dimesso, in un Paese dove di solito le dimissioni si annunciano".

Era difficile resistere dopo aver perso 41 a 59, lo ammette?
"Sarei andato via anche con il 49 per cento. In realtà mi sono dimesso tre volte".

Perché tre?
"La prima appena usciti risultati, domenica sera. La seconda davanti a Mattarella, lunedì. Poi il Presidente mi ha chiesto di portare a casa la legge di bilancio, l'abbiamo fatta in 48 ore. E con 173 voti a favore presi al Senato mi sono dimesso per la terza volta. Adesso c'è il presidente Gentiloni cui va tutto il nostro sostegno"

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Pier Luigi Bersani, ha letto Renzi su "Repubblica"? Rifare il Pd con più cuore, valori e ideali.
"Ho letto, ma se il punto di partenza della sua analisi è che il referendum è stato perso a destra "perché tanto i compagni ci sono", cominciamo male. Il renzismo non ha capito la lezione, si rischia di tornare a sbattere".

E dove è stato perso?
"Nell'idea schematica e datata che per la vittoria dei Sì bisognasse fare affidamento su una fantomatica maggioranza silenziosa. Si insiste a voler inseguire un centro che non esiste più, perché il ceto medio è oggi tutto dentro la crisi. Sta cambiando la geografia dell'esclusione. Polemizzo con un'idea di sinistra che si aggrappa ancora alle gloriose parole d'ordine della fase d'avvio della globalizzazione: flessibilità, merito, eccellenze. Basta".

Renzi cita il leader dei laburisti inglesi, Corbyn, per spiegare che con la sinistra- sinistra non si vincono le elezioni.
"E io invece penso che Bernie Sanders avrebbe fatto meglio di Hillary Clinton negli Stati operai decisivi per eleggere Trump. La fase è cambiata, il ripiegamento della globalizzazione, che ha portato grandi conquiste, ha lasciato scorie velenose. Primo, le democrazie nazionali non padroneggiano più la finanza, l'immigrazione, la guerra e presto a queste voci bisognerà aggiungere farmaci e brevetti. Secondo, le disuguaglianze si sono fatte galoppanti non tra Paesi, ma all'interno dei Paesi. Terzo, il ciclo tecnologico ha esaurito la fase rivoluzionaria e oggi toglie lavoro. La parola d'ordine è protezione. Serve una sinistra protettiva sui suoi valori".

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