Per uscire dalla recessione




In queste settimane si parla di contratti, a termine, a tempo determinato  a quello indeterminato, ultimo si discute del nostro costo del lavoro; ma per uscire dalla crisi in cui ci troviamo bisogna soprattutto creare nuovo lavoro.

Intanto è necessario tornare a un aumento della produttività, se vogliamo reggere la competizione internazionale. Ma senza crescita, più produttività vuol dire meno occupazione. Senza crescita, al momento, serve più redistribuzione: riduzione degli orari, dei consumi, ma tutti devono rinunciare a qualcosa, soprattutto per quelli che hanno di più. Per avere questa redistribuzione ci vuole però un forte tasso di solidarietà, come è successo, per esempio, in Giappone dove hanno resistito per oltre un decennio con l’economia ferma.
Ci sono molti spazi di crescita: per esempio nel welfare, privato o pubblico o misto. Servono servizi di qualità ai bambini o agli anziani, in un paese che invecchia come il nostro, le famiglie sono spesso sole quando devono seguire un anziano.

Poi un paese che non produce materie prime ma le importa, è obbligato ad esportare, quindi deve avere un settore manifatturiero di qualità: l’Italia non può rinunciare a settori come quello della meccanica, il quale purtroppo poco a poco sta scomparendo e mantenere, per esempio, il settore auto diventa strategico nel preservarne la filiera.
Inoltre c’è da investire maggiormente sull’agricoltura, in cui i giovani sono poco rappresentati, e il nostro territorio, da Nord a Sud, ha ancora potenzialità non utilizzate.

Quindi bisogna combinare progetti locali di sviluppo con un rafforzamento dei servizi scolastici, per la salute e per la mobilità.
Bisogna ridare fiducia a chi vuole investire, togliendo l’idea che in Italia non ci siano più prospettive.

Bisogna crescere meglio e crescere è compatibile con l’idea di un’economia che riusi le cose, in cui servano meno automobili, che pensi al risparmio del territorio e alla sua tutela, valorizzando le filiere corte della produzione agricola: bisogna “inventare nuovi bisogni”.

Per fare questo rimane importante l’intervento pubblico per promuovere una diversa domanda: non bisogna più dare sussidi a imprese decotte, ma fare per esempio bandi innovativi per i beni che lo stato deve comunque acquisire.

Inoltre bisogna incentivare la tecnologia, importante per l’assistenza domiciliare e per offrire servizi migliori. Infatti esiste una relazione tra offerta di servizi dignitosi e partecipazione al mercato del lavoro: per esempio molte donne non sono libere di decidere se lavorare o no. Per esempio Siracusa è la provincia della Sicilia che ha i migliori servizi all’infanzia ed il tasso di occupazione femminile più alto della regione.     

Carlo Livorno

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