I partiti e le liste elettorali. Una riflessione di Luigi Lunari


Luigi Lunari, grande autore teatrale, le cui commedie sono rappresentate in tutto il mondo, vive da tanti anni a Brugherio, all'Edilnord. Dopo il suo commento al ritorno in scena di Silvio Berlusconi (qui) ha voluto regalarci una nuova riflessione, questa volta a proposito della composizione delle liste elettorali, che si sta concludendo proprio in queste ore.

Di seguito il suo pensiero.

Il futuro della campagna elettorale non si presenta colorato di rosa: tra le volgarità di Berlusconi, i rimbecchi di Monti, le sparate a vicolo cieco di Grillo, gli annaspi della Lega, i pericoli del “fuoco amico” di Ingroia e dei suoi, certi ambigui silenzi di Renzi, e tante altre cose ancora… mi è di soddisfazione constatare che i toni più seri e composti e l’atteggiamento più ragionevole e affidabile fanno capo ai vertici del PD: non solo di Bersani, ma anche di Franceschini, di Letta, e di altri compagni di viaggio quali – in Lombardia - Umberto Ambrosoli.

In questo quadro, vorrei attirare l’attenzione sulla questione della formazione delle liste. Imperando ancora l’inamovibile “porcellum”, le tentazioni per le vecchie modalità clientelari si sono fatte sentire. Così ci sarà probabilmente da divertirsi a leggere le liste di Berlusconi o di Maroni; e lo stesso PD deve pelare qualche gatta, con le periferie che masticano amaro di fronte ai candidati “paracadutati” da Roma. Ma al di là di ogni questione spicciola – verosimilmente inevitabile – due sono i punti che a mio avviso meritano attenzione, tutti e due riconducibili al comun denominatore della “competenza” degli eligendi.

Mario Monti – si è visto – fruga soprattutto nella società civile, proponendo nomi autorevoli, di professionisti di alta competenza nel campo loro, ma… forse senza troppo badare ai requisiti politici e amministrativi. Chi garantisce che un eminente fisico nucleare o un illustre musicologo sia atto alla routine parlamentare, alle procedure richieste, al commercio e al confronto con gli altri e non sia piuttosto “deformato” dalla propria specializzazione professionale e non tenda a privilegiare le esigenze del proprio settore? Il pericolo è certamente circoscritto, e il criterio della competenza certamente più affidabile di altri; ma senza nasconderci però l’impressione che questo sia – in fondo – una forma di delegittimazione della “professione” politica; che rimane (come del resto ogni altra professione, dall’idraulico al chirurgo) una cosa buona se fatta bene, una cosa pessima se fatta male.

Il secondo punto che va tenuto sotto osservazione è una certa tendenza ad includere nelle liste persone utili ad accaparrare – diciamo così - le simpatie di un dato ambiente. Recente è il caso di Valentina Vezzali, inclusa nelle liste di Monti, come fiore all’occhiello da ostentare nei riguardi degli sportivi. Vorrà dire, inevitabilmente, che altri medagliati olimpici o popolari campioni di calcio verranno sfoderati da questo o quel partito, all’identico scopo di pescare voti tra i tifosi… Una levatrice in lista servirà a catturare le levatrici? Un precario tra i più sfigati varrà ad arruolare la simpatia dei precari? Così, una lista potrà diventare la copertura di uno scacchiere d’arti e mestieri in cui ciascuno rappresenterà qualcosa, onde coprire l’arco degli interessi esistenti.

Ancora una volta – e confesso che raramente mi è accaduto in passato – trovo motivo di orgoglio nel comportamento del PD, dove Crisafulli, Caputo e Patania sono stati esclusi dalle liste a tutela “dell’onorabilità del partito” (così Berlinguer), per la loro impresentabilità. Gli altri partiti saranno all’altezza di questo esempio? Il PDL saprà escludere Cosentino (come sarebbe giusto in astratto) o lo ricandiderà?

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