Il presidio dei lavoratori della Candy



L'edizione online de Il Cittadino di Monza e Brianza racconta di come la Candy, marchio storico produttore di elettrodomestici, sito a Brugherio dal 1961, stia vivendo un momento delicato.

Il tema è di quelli cruciali e stranoti: la produzione all'estero
e le ripercussioni di questa strategia sui livelli occupazionali. 

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Due ore di sciopero e il blocco della portineria. È questa la strategia scelta dai lavoratori Candy, venerdì, per farsi ascoltare dall'azienda e soprattutto per far capire ai vertici del gruppo che è ora di dare risposte precise. Il problema pare esploso negli ultimi giorni, ma il tema è di quelli cruciali e stranoti: la produzione all'estero e le ripercussioni di questa strategia sui livelli occupazionali.

La chiusura dello stabilimento della Bessel a Santa Maria Hoè è un boccone amaro ancora in fase di digestione; cento lavoratori lavorano un mese su tre perché Candy ha deciso di produrre le lavastoviglie in Cina. In questo quadro, una recente e ufficiosa notizia ha fatto scattare i campanelli d'allarme tra i lavoratori che hanno così messo in agenda le due ore di presidio di ieri.

Il succo è questo: secondo qualche indiscrezione, per ora non verificata, Candy avrebbe convinto un cliente abituale del Nord Europa solitamente intransigente sul made in Italy a provare il prodotto realizzato negli stabilimenti cinesi. Una mossa che, se fosse confermata, smentirebbe le promesse ripetute dai vertici Candy ai lavoratori: le linee di produzione cinesi servono solo il mercato orientale. Ovunque stia la verità, sempre meglio mobilitarsi per tempo, hanno pensato i dipendenti. «Negli ultimi incontri di coordinamento a delle domande specifiche sui volumi produttivi della produzione cinese - si legge in un comunicato congiunto delle Rsu - l'azienda ci aveva assicurato che erano destinati esclusivamente per il mercato orientale.

Aveva anche garantito un trasferimento aggiuntivo di produzione a copertura dei lavoratori dello stabilimento Bessel trasferitesi a Brugherio. Su entrambe le questioni la Rsu esprime una valutazione negativa dopo aver verificato che si tratta di affermazioni non del tutto veritiere».

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